2012

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21 Luglio 2018 0 Di Renato Pisani

Dopo aver lasciato Nocciolina da Guido dove si farà una bella vacanza, ripartiamo per Hvar. Questa volta in compagnia dei fratelli di Cinzia con mogli e figli e la mamma di Cinzia.

Partiamo al mattino presto e la prima tappa è la frontiera tra Slovenia e Crozia. Il doganiere mi chiede la carta di identità, ma questa non si trova e con fare decisamente scorbutico mi ordina di tornarmene immediatamente indietro. Cinzia è molto arrabbiata e delusa. Trasferiamo i bagagli della mamma di Cinzia sulle altre auto e trasferiamo anche la mamma di Cinzia. Spiego ai fratelli che poco più avanti c’è l’ingresso dell’autostrada e che basta seguire i cartelli per Split.

Trieste – Piazza Unità d’Italia

Loro partono mentre noi torniamo in Italia cercando di trovare una soluzione. Sono solo 40 chilometri e presto arriviamo a Trieste. Dobbiamo fare in fretta. Cerchiamo il Municipio, l’anagrafe e spieghiamo all’impiegata molto gentile e comprensiva qual è il problema. Ci suggerisce di chiamare il nostro Municipio e chiedere di far inviare via fax i documenti necessari per una nuova carta di identità. Da Gorla non fanno nessun problema, si mettono in contatto con l’anagrafe di Trieste e inviano i documenti. Nel frattempo ci rechiamo in Questura, che sta in un palazzo che ha la sua bella età a denunciare lo smarrimento del documento, mi faccio le mitiche foto tessera e ci sediamo in un bar per uno spuntino veloce in attesa che la burocrazia faccia il suo corso. Tornati all’anagrafe è tutto pronto, manca solo la mia firma. Grazie a tutti per non aver fatto problemi e averci salvato la vacanza. Prima di ripartire approfittiamo per qualche foto della piazza Unità d’Italia.

Mentre viaggiamo verso il confine croato Cinzia chiama i suoi fratelli per aggiornali e questi rispondono di non aver trovato l’autostrada e che stanno viaggiando sulla strada costiera. Arriviamo al confine e troviamo lo stesso doganiere al quale con molto orgoglio e soddisfazione mostro la carta di identità ancora fresca di stampa. Si fa una risata e ci augura buon viaggio e buona vacanza. Imbocchiamo l’autostrada e via a tavoletta verso Spalato.

Arriviamo a Spalato poco dopo le 17 e per qualche minuto non riusciamo a imbarcarci sul traghetto che invece hanno preso i fratelli di Cinzia. Dobbiamo aspettare le 19 e 30. Ci mettiamo in coda e con pazienza aspettiamo.

Ci imbarchiamo e squilla il telefono di Cinzia: “Dove diavolo siete? Siamo preoccupati!” E’ Klaudia che ha visto arrivare gli altri e non noi e ci è rimasta un po’ male. Arriviamo a Milna alle 22. Klaudia ci viene incontro e, dopo avermi fatto una bella reprimenda, ci accompagna al tavolo che ci aveva preparato e dove il suo papà è lì ad aspettarci con una bottiglia di vino e un paio di piatti di frutti di mare e conchiglie. Mentre mangiamo Cinzia racconta la nostra “fantastica” giornata e Klaudia ci aggiorna sui cambiamenti di Milna e dell’isola e del suo bimbo che è diventato grande.

Hvar

Sveglia con comodo, colazione di fronte al mare blu ma proprio blu che più blu non si può e mentre Cinzia discute con i suoi saluto tutti e mi metto in macchina per raggiungere Hvar. Mi rivedo i luoghi dell’ultima vacanza e sembra non sia cambiato nulla. Salgo sulla collina e entro nella Fortezza, scatto qualche foto e ridiscendo passando per la strada che si interseca con le sue mura. Mi fermo, fotografo ancora.

Torno lentamente a Milna per il pranzo in compagnia. Chi non vuole questo, chi non vuole quell’altro, qualcuno vuole gli spaghetti col ragù. Io mi mangio una spigola con qualche patata, un po’ di vino e un caffè.

Il pomeriggio passa lentamente tra la spiaggia e soprattutto la veranda della konoba. Lidia e Paolo non ci sono. Chiacchiero un po’ col papà di Klaudia, conosco qualche suo amico. Si parla delle vigne che tutti stanno piantando e della mancanza d’acqua. Mi viene a trovare un micio che per un po’ mi fa compagnia.

Hvar

Arriva il resto della brigata e decidiamo di cenare a Hvar e di passare lì la serata, sembra che vada bene a tutti. Saliamo in macchina e partiamo. Sono stanco. Anche Cinzia è stanca, avrebbe preferito cenare da Klaudia e infilarsi presto a letto.

La mattina dopo sveglia presto, ho da fare. Saluto Cinzia da cui mi prendo del rompi balle però mi chiede di aspettarla, cosa che faccio con pazienza fumandomi una sigaretta sul balcone e scrutando l’orizzonte fino a cogliere in lontananza l’isola di Vis.

Andiamo da Klaudia per la colazione e ci accorgiamo di essere gli ultimi. Al che, ormai scoperti, facciamo finta di nulla e ci sediamo. La nostra mitica colazione è pronta e la consumiamo con molta calma. Quindi Cinzia torna in spiaggia e io parto per ripassare e approfondire la strada napoleonica che attraversa le colline.

Brusje

Arrivo a Hvar e comincio a salire. Consueta macchia mediterranea, consueti pini, consuete cicale. Passo attraverso qualche vigna e qui il paesaggio è significativamente cambiato, ma non solo qui. Continuo, incontro qualche ragazzo che fa una fatica bestia a salire la strada in bicicletta sotto il sole. Arrivo a Brusje. Un villaggio in cima alla collina, saranno 500 metri, dove si vive di allevamento, niente pesce. Resiste ancora un monumento dell’epoca di Tito.

Il faro sull’isola Pokonji Dol

Riparto. La vegetazione e spoglia solo qualche cespuglio qua e là. Ogni tanto tra i muretti a secco che solcano le colline appaiono delle costruzioni in pietra che loro chiamano Trim. Assomigliano ai Nuraghi sardi e servivano ai pastori per riporci le loro cose, per riposarsi all’ombra e per dormire insieme alle pecore e alle capre. Poco più avanti mi imbatto nella Vedetta di San Rocco (Vidikovac Sveti Rok). Si tratta di una Cappella a pianta ottagonale costruita nel 1937. E’ chiamata “di San Rocco” dagli abitanti anche se la Cappella è dedicata a San Domenico e a Santa Petronilla (valli a capire). Proseguo e sulla destra poco più in basso scorgo Velo Grablje altro villaggio montano, questo famoso per la festa della lavanda.

In viaggio al largo di Milna

Mentre scendo e i pini si infittiscono e il sole tramonta dietro le isole Pakleni tingendo il cielo di colori dal rosso al giallo. Attraverso Selca e in poco tempo sono al punto di attracco dei traghetti. Il mini centro commerciale è diventato un centro commerciale di tutto rispetto e se n’è aggiunto un altro di fronte. Guido veloce verso Milna cercando una scusa per farmi perdonare ma l’unica valida rimane quella di essermi fatto prendere dall’avventura e dalla bellezza del panorama. Per fortuna Cinzia è comprensiva e mi conosce e mi perdona con un bacio.

I giorni seguenti mi permettono di conoscere qualche persona nuova. Paul, inglese, giornalista di professione, che dopo essere stato in medio oriente ha deciso di stabilirsi a Jelsa. Scrive per qualche testata inglese di turismo e viaggi e ha un blog che racconta dell’isola. Tra una birra e l’altra nella veranda di Klaudia mi parla dell’isola e di quanto ne sia innamorato. Mi da qualche dritta per qualche locale, per cosa mangiare e per cosa esplorare. Poi insieme a Cinzia conosciamo un’allegra famigliola napoletana. Paolo, Giovanna e la figlia Chiara. Lui magistrato, lei avvocato. Nasce un ottimo rapporto che continua ancora oggi e va ben oltre le vacanze.

L’esplorazione continua tra Vrboska e Jelsa entrambi sulla costa settentrionale. Vrboska è un villaggio quasi minino posto in una splendida baia, famoso per la sua palma posta su una piccolissima isola al centro di questa e per i suoi ponti che collegano le due rive dell’insenatura che continua come una lama di coltello all’interno del villaggio. Le cose da scoprire sono tante sia dal punto di vista culinario che da quello storico. Jelsa è il luogo dove vive Paul, un villaggio allegro e festoso. E’ caratterizzato dalla fontana al centro della piazza principale e da altre sparse in giro. E’ uno dei pochi posti dell’isola dove c’è acqua dolce, gli altri si devono accontentare di quella pompata da Split. Ci sono parecchi locali nascosti tra i vicoli che offrono la degustazione dei vini prodotti qua intorno e altri in riva alla baia di assoluta tendenza.

E’ assolutamente incantevole addentrarsi nella pineta che separa i due villaggi per arrivare fino al mare. Si trovano piccole baie e calette alcune anche completamente deserte e con l’acqua limpidissima. Alcune sono servite da bar decisamente minimalisti che offrono anche del cibo. La gente in giro è sempre molto cordiale, sia i turisti ma soprattutto gli abitanti dell’isola.

Malo Grablje

Paul mi aveva parlato di un ristorante all’interno assolutamente da provare. Così decido di partire in esplorazione. Malo Grablje (Piccola Grablje) non è distante da Milna, l’unico problema è la strada sterrata e piena di buche sicuramente più adatta a un fuori strada piuttosto che a una berlina da città. La strada si snoda all’interno di una vallata selvaggia ricoperta da arbusti di vario genere tra cui immancabili erica, mirto e rosmarino, pinetti bassi e piante di fico. Lentamente e con molta circospezione arrivo al villaggio che non è assolutamente come me l’aspettavo. Case e Chiesa completamente diroccate, non un’anima, il classico villaggio fantasma dei film western, manca solo Ringo. Eppure qualche indicazione c’è. Parcheggio l’auto sotto un fico e proseguo a piedi seguendo la via, mi sento un po’ Indiana Jones. Ed ecco là in fondo il ristorante. Niente di che: qualche tavolo con relative sedie sulla veranda di una casa non proprio a norma, probabilmente qualche altro tavolo dentro, una Lada Niva decisamente datata parcheggiata lì davanti e un paio di persone al lavoro. Mi avvicino, chiedo del ristorante e il tizio si presenta come il proprietario. Mi fa accomodare, va via e torna con due birre, Karlovaco naturalmente, mi chiede in quanti siamo perché il ristorante è sempre pieno e non può accettare compagnie numerose siccome non ha posto per parecchio tempo. Rimango stupito e penso che il cibo deve essere davvero eccezionale. Il menù è a base di pesce e di carne di capra e di maiale (che novità!) della tradizione dell’isola. Gli dico che siamo solo io Cinzia, ho voglia di una serata tranquilla e un po’ romantica e forse anche un po’ beat. Mi risponde che per due persone non c’è nessun problema e che posso andare quando voglio, il posto per me c’è sempre. Lo saluto e mi avvio contento pensando che mi avrà scambiato per qualcuno di famoso. Chi? Torno a Milna e spiego tutto a Cinzia, ci facciamo una risata, ma lei è un po’ arrabbiata e preoccupata per i suoi e mi prendo un due di picche. Mi ritiro deluso in compagnia di un aperitivo che del Martini ha solo il rosso in attesa della cena e di capire quale sia il problema.

Mi faccio un giro a Stari Grad e nel frattempo mi compro i biglietti per il traghetto, il giorno della partenza si avvicina velocemente e c’è tempo solo per controllare cosa si fa sulla costa meridionale.

Il tunnel di Pitve

La meta è Zavala. A quanto si racconta è un villaggio anche questo minimalista che però sta crescendo a vista d’occhio. E’ affollato da surfisti e da ragazzi che fanno kitesurf provenienti addirittura da Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda, pare che il vento in certe occasioni sia decisamente forte e di conseguenza le onde alte. Si arriva a Zavala guidando da Milna verso Stari Grad e una volta giunti lì bisogna svoltare a destra. Attraverso Dol, Vrbanj e Svirce, bei paesi dell’interno abbastanza moderni, poi la strada comincia a salire in una valle stretta molto verde fino ad arrivare a Pitve e al tunnel e a fare la conoscenza dell’unico semaforo dell’isola. Il tunnel è stato costruito nel 1962 e non certo per motivi turistici o per facilitare la vita agli abitanti, ma per far passare sotto la collina le tubature dell’acqua. E’ lungo 1.400 metri, largo circa 2 metri e quindi a senso unico alternato, buio pesto e con il fondo sconnesso e pieno di buche, degno di un film dell’orrore. La leggenda racconta che venga utilizzato anche come cantina da qualche viticoltore della zona, ma sinceramente non ho visto bottiglie o altri contenitori adatti alla bisogna.

L’Adriatico a Zavala

Il porticciolo di Zavala

Dopo qualche minuto si arriva dall’altra parte e si torna a respirare  liberamente anche perché il tunnel non ha un sistema di aerazione. Ragazzi non c’è nulla a parte qualche ristorante, qualche casa nuova appena costruita, un mare limpido che invita al tuffo e tante, tante vigne appena piantate su per la collina. Vuoi questa collina parecchio alta alle spalle, vuoi il mare di fronte e lo spazio praticabile decisamente stretto, vuoi la presenza incombente del tunnel sembra di stare da un’altra parte. Però c’è un sacco di gente in giro e sulla spiaggia e parecchie barche attraccate al porticciolo e in rada. Raggiungere Hvar per trovare un po’ di divertimento o per affari soprattutto col buio dev’essere una vera impresa. I villaggi affacciati sulla costa sono tre: Gromin Dolac che non visito data la pochezza della strada, Zavala quello più conosciuto e Ivan Dolac che sembra sia il regno della vite. A chi piace la natura incontaminata e l’eremitaggio consiglio vivamente una visita.

Stari Grad

Un paio di giorni dopo siamo in partenza. Sveglia all’alba, macchine da caricare, Kluadia e gli altri da salutare, il micio da coccolare per l’ultima volta. Ultimo caffè veloce e via per il traghetto, tutti un po’ mogi e  assonnati. Sul ponte del traghetto tira un’aria fredda che però non mi impedisce di fotografare Stari Grad ancora addormentata, e il faro dell’isola di Brac che ci dà l’arrivederci.

Dopo un po’ si scorge Split e presto si ormeggia al porto e si sbarca, si imbocca l’autostrada e si torna a casa. Arrivederci Hvar.